Qual è la visione dietro l’Oasi Galbusera Bianca?
La visione dietro Oasi Galbusera Bianca è un luogo dove le persone si riconnettono alla terra. Uno slogan di questo posto è: la terra nutre l’uomo che cura la terra. Quindi c’è all’inizio un prendersi carico dei problemi e della cura della terra in generale e noi, in particolare, coltiviamo ortaggi e frutta con metodi di agricoltura biologica fatti bene affinché i prodotti siano buoni e sani. Così nutriamo le persone, che crescono e qui si riconnettono alle proprie radici.
L’intero luogo è stato tutto ristrutturato secondo i principi della bioarchitettura, utilizzando energie rinnovabili, ed è quindi è un luogo di risparmio energetico sin dalla sua progettazione, risalente agli anni 2010.
Cosa rende unico questo posto nel contesto del parco del Curone?
Beh, innanzitutto perché bellissimo. E lo è perché dietro c’è un’anima e anche un lavoro manuale che impregna tutte le pareti. C’è il recupero di oggetti in parte vecchi, in parte antichi e in parte casuali, che rendono questo posto particolare. Ogni stanza ha il suo perché, la sua idea, il suo sentimento, il suo romanticismo, e trasmette sensazioni diverse attraverso i colori e gli arredamenti. Ci sono anche oggetti che provengono dalla mia famiglia. L’Oasi è unica perché non è replicabile: l’ho fatto su misura mia, sulla mia memoria.
Che legame ha l’Oasi con il parco del Curone e il territorio circostante?
Noi siamo nel centro del parco e siamo il luogo che maggiormente ha contribuito a rivitalizzare sia la storia del parco che quella del territorio, in modo molto personale. Mentre altri hanno creato le cascine così come sono, io ho recuperato le mura delle vecchie cascine, e ci ho messo dentro i miei contenuti: la mia storia personale, la creazione di sensazioni negli edifici, nelle stanze, nei colori. Noi siamo agricoltori come molti altri nella zona, e presto nascerà un distretto del cibo composto da una ventina di aziende agricole del parco. L’obiettivo è promuovere anche a livello regionale questo territorio come luogo di nutrimento per le persone. E questa è l’unicità del parco del Curone.
Che tipo di esperienza si aspetta di vivere un ospite che sceglie l’Oasi?
Il tipo di esperienza che si aspetta dovresti chiederlo a lui, perché è legato alla sua aspettativa e quindi al risultato di come lui ha riscoperto dentro di sé tutte le suggestioni che questo luogo gli ha suggerito. Noi cerchiamo di fare accoglienza. La cosa più bella che le persone mi dicono quando vengono qui è «Mi sento a casa!» Questo è il massimo dell’accoglienza possibile. Poi io mi diverto a dirgli: «Bene, allora anche tu hai un salone verde e un bagno rosso?! » Mi piace essere un po’ provocatorio. Ma questo è un luogo di ritrovo e di accoglienza, dove le persone si sentono protette. Vengono qui perché dicono di mangiare e dormire bene. Qui vivono un’esperienza diversa dal solito.
Cosa vorresti che le persone portassero a casa con loro dopo un soggiorno all’Oasi?
Vorrei che dicessero «Ah, che bello!». La gente viene qui perché si ritrova, essendo un luogo dell’anima. Questo posto piace perché è fatto con oggetti riciclati e quindi uno non se lo aspetta.
Parlando del vostro ristorante, cosa rende unica la vostra cucina? C’è un piatto che rappresenta meglio la filosofia dell’Oasi? Non c’è un piatto rappresentativo. Uno di quelli che abbiamo sempre venduto di più è la guancina di maiale. Una persona viene non per mangiare la guancia di maiale, ma per mangiare un prodotto agricolo del territorio, per nutrirsi di un pezzo di terra del posto.
Aggiunge il suo ufficio stampa, Loredana Fumagalli: Uno dei piatti gettonatissimi è il risotto che piace non solo al brianzolo ma anche al milanese. La creatività consiste nel non offrire il classico risotto, ma di abbinarlo ai prodotti dell’orto, come per esempio il risotto alle mele. La sua visione distintiva è quella di non stravolgere il menù per non andare contro il gusto abituale del cliente medio, ma di introdurre quello spicchio di creatività che faccia capire cos’è Oasi: è la mela che hai dentro questo riso.
Ultima domanda. Chi è Gaetano?
Devi dirmi tu chi sono io. Nel senso che io sono quello che gli altri vedono. Quindi tu mi vedi in tuo modo, lei nel suo. Io sono la somma dei modi con cui le persone mi vedono.
Loredana interviene: lui viene definito un visionario nel senso reale del termine. Questa è una mia opinione, è una persona fuori dagli schemi, contro il pensiero unico, che ama il bello e il buono, e che ha voluto metterlo qua dentro. La diversità è intrinseca alla natura del suo carattere, non solo all’interno dell’Oasi.




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